La cristianizzazione del pagus
A cura di Ileana Tozzi

La connaturata religiosità sabina facilitò la diffusione dei principi del Cristianesimo fin dai primi secoli: la stessa consolare Salaria fu luogo di culto e di sepoltura per i primi convertiti al monoteismo, fu luogo di martirio e di culto per i testimoni della nuova fede.

Fu però inevitabile che alcuni dei tratti un tempo propri delle divinità sabino-romane si mantenessero come attributi per la Vergine Maria e per i primi Santi, riconosciuti come protettori prima ancora di essere percepiti come esempi di virtù degni di essere imitati.

Così come le chiese erette nel corso dell’alto Medioevo furono costruite per lo più riutilizzando i basamenti o i frammenti delle più antiche costruzioni, ridotti a materiali di risulta, gli “dei falsi e bugiardi” della tradizione pagana consegnarono ai martiri ed ai santi della fede monoteistica alcuni degli elementi che li avevano caratterizzati, favorendo così la divulgazione del messaggio cristiano.

Già intorno alla metà del V secolo, il territorio sabino si venne articolando nei tre vescovadi di campagna di Nomentum, Curi e Forum Novum, e nel vescovado urbano di Rieti.

All’epoca della guerra greco-gotica si fa del pari risalire la fondazione del primitivo insediamento che darà vita all’Abbazia di Farfa, assurta sul finire dell’VIII secolo al rango di Abbazia Imperiale, destinata a rappresentare un centro di straordinaria vitalità spirituale, politica, economica durante i lunghi secoli del Medioevo.

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