Attraversando una serie di curve che portano tra le distese di natura, si può godere di uno spettacolo insolito per il territorio: vigne sovrastate dall’imponente Terminillo; È qui che alle pendici della torre denominata L’ultimo Baluardo nascono le uve che poi daranno questo nome alla produzione di vino.
La peculiarità di questo vitigno è che è autoctono ed è stato attestato a partire dal 19° secolo nell’Annuale del Comizio Agrario di Rieti del 1879 e chiamato Cesenese di Castelfranco. In Italia dopo l’epidemia di fillossera che colpì le viti proprio in quell’anno è difficilissimo trovare vitigni che siano sopravvissuti e che non siano stati innestati nella vite americana. La sua “riscoperta” risale a circa una decina di anni fa quando all’interno di una azienda agraria di Castelfranco nei pressi del Santuario della Foresta fu scoperto che il vino che producevano non fosse cesanese bensì un’altra varietà non riconducibile a nessuna di quelle conosciute ed in commercio. È da qui che nascono le ricerche storiche e scientifiche su un albero grandissimo di vite dell’età di 170 anni che cresce isolato all’interno di un campo dell’azienda è cosi che il cesenese nero fu inserito nel 2017 fu inserito nell’elenco nazionale dei vitigni.
Il clima che avvolge Castelfranco sotto l’Ultimo Baluardo è unico per la presenza del Terminillo, che crea una barriera che protegge il terreno dal vento favorendo la crescita di queste uve, le quali vengono colte a mano per le pendenze tipiche dell’agricoltura eroica.
Le uve dal colore nero bluastro presentano un grappolo grande spargolo con una o due ali ed un acino sferico. Il vino prodotto è di un rosso rubino che risulta fresco al palato per la sue note di frutti di bosco, un po’ speziato ed esotico per il sentore di pepe nero e polvere di cacao. Un buonissimo ed equilibrato sapore, mediamente persistente e leggermente tannico.

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