Tersilio Leggio visto da Roberto Marinelli 2002
Un vuoto incolmabile, lo ricorda Roberto Marinelli che con lui ha contribuito a farci conoscere e amare la Sabina:
“Ci manca Tersilio Leggio. Ogni giorno di più percepiamo il senso di vuoto, ogni volta che ci sarebbe bisogno del suo confronto, delle sue analisi critiche, sul presente, da cui lui è sempre partito per studiare il passato incognito, in funzione del futuro da prevedere, sulla base delle esperienze acquisite. Per lui la storia non era maestra di vita – lo sappiamo – ma una fonte precisa di comprensione e interpretazione della realtà attuale, necessaria per qualsiasi progettazione.
Ci mancano le sue stoccate sarcastiche, quando a proposito di programmazione – argomento per lui fondamentale in ogni campo di attività – a chi tentava di indurlo a improvvisare sulla base delle sue conoscenze, esclamava con vivacità che le cose fatte bene «non sono fiaschi che si abbottano”, ossia che si fabbricano in serie dilettantisticamente, come purtroppo avviene troppo spesso, nella ricerca storica, di cui Leggio è stato un maestro, o nell’attività politico amministrativa, di cui è stato un precursore per tanti versi, capace di intuire le giuste direttive da perseguire.
Ho conosciuto Tersilio Leggio (Lillo per gli amici), più o meno nel 1975, ma ho potuto sperimentare i suoi criteri – di cui ragionavamo – in tante occasioni, compresa l’esperienza del suo assessorato alla cultura in Provincia di Rieti, che ha coinvolto direttamente il mondo della cultura, allargando gli orizzonti “provinciali”. A lui si deve la realizzazione di una cospicua rete di importanti servizi culturali per tutto il territorio provinciale, con musei, biblioteche e archivi storici, diventati punto di riferimento per ogni comune, per dare non l’identità, ma la dignità culturale, come si esprimeva lui.
Leggio è stato, anzi è – per tutto quello che rimane della sua produzione – uno storico militante, che ha fatto della filologia lo strumento operativo di ricostruzione delle realtà dei fatti, sempre; quando affrontava le vicende politiche medievali legate alle figure che ruotavano intorno a personaggi come Federico II, con Tommaso Mareri, la santa di famiglia Filippa, fondatrice del monastero di San Pietro de Molito (Borgo San Pietro di Petrella Salto); o quando affrontava l’intricato evolversi della frontiera tra Stato della Chiesa e Regno meridionale. Leggio studioso della storia economica, purtroppo spesso lasciata agli economisti, ai finanzieri, che valutano solo in termini di evoluzione dei sistemi di profitto. Lui ha affrontato i problemi economici in chiave sociale, anche psicologica, giuridica, antropologica; come nel bellissimo volume sulla storia di Amatrice e della sua montagna nel medioevo.
Leggio è stato storico del paesaggio urbano, religioso, agrario, con lo studio dell’olivo in Sabina, al quale collaborai anch’io, per arrivare all’età moderna e contemporanea. Studioso dell’archeologia del paesaggio, contribuendo all’individuazione degli archetipi paesaggistici della Sabina, del Reatino, del Cicolano. Grazie a lui, ai suoi studi puntuali di carattere topografico, ho potuto individuare, indicare, descrivere, illustrare e ricostruire le vicende, di 117 siti medievali e pastorali abbandonati dei Monti Reatini, al confine con l’Abruzzo.
È grazie a lui che sono stati recuperate, conservate e valorizzate, preziose documentazioni medievali e moderne, pubbliche e private, messe a disposizione del mondo degli studiosi, che gli sono sempre profondamente grati. Penso, ad esempio, alla pubblicazione delle più antiche pergamene del monastero di Santa Filippa Mareri, grazie al coinvolgimento di figure di alto profilo scientifico, come Rita Cosma, Angela Lanconelli, Sergio Pagano, già prefetto dell’archivio segreto vaticano, all’impegno della Deputazione abruzzese di storia patria e della Fondazione Varrone di Rieti.
Il lascito di Leggio, Lillo per tutti noi, può essere racchiuso nelle parole chiave che lui utilizzava per avviare ogni iniziativa: “programmazione” e “interdisciplinarietà”, messe a punto soprattutto negli anni Settanta, del secolo scorso, durante la sua lunga collaborazione, come ricercatore storico, con la British School di Roma, negli scavi archeologici nella “sua” abbazia di Farfa, in altri luoghi della Sabina e nel Cicolano.
Roberto Marinelli”
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