Sorniona e sonnacchiosa, la città di Rieti tende a dimenticare e dimenticarsi dei fasti di un tempo, quando fu scenario di eventi destinati a fare la storia.
Forse il retaggio dei secoli trascorsi dopo la cattività avignonese, quando i papi lasciarono per sempre le sedi itineranti del Patrimonio della Chiesa, forse il ricordo dei trascorsi delle epidemie, delle grassazioni, delle angherie dei briganti e dei fuoriusciti Rieti si fa vanto di essere centro, senza fare i conti di essere stata per secoli terra di confine.
Così, solo gli eruditi ricordano che Innocenzo I papa dal 401 al 417 sostò a Rieti durante il viaggio che lo portava a Ravenna in ambasceria presso Onorio nel tentativo di convincere l’imperatore a trattare con Alarico re dei Goti. Agli inizi dell’Ottocento ancora ricordava l’episodio storico in un affresco dei baluardi di Porta Cintia, ricostruiti dopo l’Unità con la monumentale Barriera progettata da Eugenio Dupré Theseider, vittima incolpevole dell’ultima guerra.
Una bolla riportata dal Muratori dava notizia che già Alessandro II, regnante dal 1061 al 1073 risiedeva a Rieti nel gennaio 1072.
Ma il secolo d’oro fu inaugurato da Lotario dei conti di Segni appena salito sul soglio pontificio con il nome di Innocenzo III: nel 1198, Rieti entrò nell’orbita del Patrimonio di San Pietro e il vescovo Adinolfo Secenari accolse nella casa/torre dell’episcopio il papa interessato a conoscere e presidiare i confini diocesani, fino ad allora assoggettati al ducato di Spoleto.
Nel mese di agosto 1198 papa Innocenzo III consacrò le chiese reatine di San Giovanni in Statua e Sant’Eleuterio.
Intanto, in temporalibus, assegnava alla città un podestà, magistrato forestiero in grado di gestire il Comune.
Passarono venti anni, fin quando fu la volta di Onorio III, il cardinale Cencio Savelli succeduto ad Innocenzo III morto a Perugia il 16 luglio 1216.
Onorio III fu a Rieti nel 1219, nel 1225, ancora nel 1226. Durante questo secondo soggiorno il 9 settembre consacrò la cattedrale, ricostruita e fundamentis sul sito della basilica paleocristiana. Intanto il 1 settembre 1157 il vescovo Dodone aveva consacrato la Chiesa inferiore. Nel 1226, emanò da Rieti la bolla di approvazione delle Regole dell’Ordine Carmelitano.
La frequentazione della Curia pontificia a Rieti fu determinante per l’approvazione della Regula dettata da Francesco d’Assisi grazie all’ispirazione divina a cui non mancarono i suggerimenti del cardinale Ugolino dei conti di Segni. La Legenda Perusina (1572, 25) narra l’episodio del miracolo della vigna che ricorda Francesco bisognoso di cure, dopo aver rifiutato la generosa ospitalità di papa Onorio III, accolto da un povero prete che aveva in cura la chiesa di San Fabiano non lontano dalla città.
Gli autori della Legenda trassero spunto dall’episodio del miracolo dell’uva per ammonire i lettori: quando San Francesco si pronunciava sui fatti venturi, sempre questi si manifestavano secondo quanto predetto. L’episodio fu trattato anche dalla Compilatio Assisiensis e dalla Legenda Trium Sociorum, ricordando la compassionevole assistenza richiesta dal papa nei confronti di Francesco d’Assisi e dal cardinale Ugolino, protettore dell’Ordine nascente.
Succeduto ad Onorio III nel 1227, il cardinale Ostiense con il nome di Gregorio IX tornò a lungo a Rieti nel 1228, nel 1231, nel 1232, nel 1234, nel 1236.
Nel 1232 vi ricevette Giovanni da Brienne Re di Gerusalemme; nel 1234 vi ricevette in un delicato incontro diplomatico Federico II accompagnato dal figlio Corrado.
Ancora tra il 29 giugno e il 3 luglio 1234 papa Gregorio IX canonizzò San Domenico di Guzman.
Passarono lunghi anni quando il vescovo Pietro Gerra promosse l’erezione del maestoso palazzo papale progettato nel 1283 dall’architetto Andrea magister compiuto già cinque anni più tardi, inaugurato dal pontefice Niccolò IV.
Generale dell’Ordine dei Minori, Girolamo Masci nativo di Lisciano presso Ascoli Piceno era stato eletto cardinale da Niccolò III e vescovo di Palestrina da Martino IV. Fu il primo papa proveniente dai ranghi dei Francescani.
A Rieti il 29 maggio 1289 il papa incoronò Carlo II d’Angiò re di Sicilia e Gerusalemme.
Ancora nel 1298 risiedé a lungo a Rieti Bonifacio VIII, il cardinale Benedetto Caetani.
Nel novembre 1298, quando la città fu colpita da un devastante terremoto, papa Bonifacio VIII volle compiere un importante intervento urbanistico facendo rinsaldare la mole del palazzo mediante l’erezione di un arco a doppia crociera che reca nei pilastri le sue insegne. Fino alla fine dell’anno, il papa fu ospitato con la sua curia in un alloggio di fortuna presso il chiostro dei Domenicani. Bonifacio VIII fu l’ultimo pontefice ad incarnare e difendere strenuamente l’idea universalistica della «plenitudo potestatis» di una Chiesa sovrana , svincolata da ogni subordinazione ai rappresentanti del potere civile.
Seguì la cosiddetta cattività avignonese. Una volta rientrati nel Patrimonio di San Pietro, i papi scelsero come unica sede la città di Roma limitandosi a brevi viaggi nei territori dello Stato: così Bonifacio IX (1389-1404) fu a Rieti nel 1390, Sisto IV (1471-1484) durante il suo pontificato si recò in visita dei luoghi francescani della Custodia Reatina, Paolo III (1534-1549) visitò la cava Paolina affidata a Sangallo, Clemente VIII (1592-1605) fece tappa a Rieti durante un viaggio alla volta di Ferrara, controllando a sua volta la bonifica affidata a Fontana.
Giovanni Paolo II e Francesco ce li ricordiamo a memoria.
Quando al secondo piano del palazzo comunale fu allestito l’appartamento del Governatore, Vincenzo Manenti fu incaricato di decorare le stanze: la presenza dello stemma di papa Innocenzo X circoscrive la datazione degli affreschi al decennio 1644-1655.
In una di queste, l’attuale sala VII del Museo Civico, realizzò un alto fregio nel quale furono inscritti sei episodi di storia cittadina, legati alla presenza dei pontefici a cui Rieti dimostrava così la sua fedeltà.
Non sappiamo quando le pitture di argomento storico furono scialbate, probabilmente a causa di un’epidemia: certo è che il 4 giugno 1788 la Computisteria del Comune rilasciava una bolletta di 2,50 scudi a Francesco Acuti «per aver tolta la Pittura a frescio in uma Camera dell’appartamento di Mons.re Ill.mo e R.mo Gov.re per scoprire divorse pitture antiche denotanti la Beatificazione, di S. Dom.co fatta in questa città, ed altro (…)».
E ancora una volta non sappiamo chi fu capace di imbiancare il fregio, forse dopo l’Unità nell’intento di rimuovere insieme con la pittura anche gli autori e i comprimari dei secoli passati, o forse dopo il terremoto del 28 giugno 1898 che indusse Cesare Bazzani e Angelo Blasetti a compiere importanti lavori di consolidamento e di riassetto.
Certo è che ancora una volta nel 1960 grazie a Luisa Mortari, al tempo impegnata nell’allestimento del Museo Civico, i fregi manentiani furono riscoperti, restaurati e catalogati nell’intento di studiare e valorizzare questa straordinaria testimonianza della storia passata.
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