Benché sia una delle porte secondarie del tracciato di difesa costruito dopo il 1252, la porta Conche Civitatis Reatine, così definita in un documento d’archivio, è a tutt’oggi la più conservata tra le mura che solo apparentemente serbano l’aspetto severo della cerchia difensiva della città.
Da est ad ovest, lungo l’antemurale che fino all’Ottocento si specchiava nel fossato settentrionale, le antiche porte sono state distrutte o parzialmente modificate: e non è facile scegliere quale sia stata la sorte peggiore.
Dopo il 1876 la vecchia porta Cintia era stata riallestita come sede del Dazio su progetto dell’ingegnere Eugenio Dupré Theseider, circoscritta da una artistica cancellata in bronzo realizzata dai fratelli Catini, fabbri in piazza del Leone. Poiché la fucina non consentiva di lavorare all’interno del locale, gli operai si ingegnarono ad assemblare sul prato della piazza i vari elementi, recentemente riallestiti in piazza Marconi ai margini dei Giardini di Ito. Nella tarda primavera del 1944, l’esercito tedesco in ritirata provvide a minare i torrioni del Dazio insieme a numerosi platani dei filari interni del viale, così da rallentare l’ingresso degli alleati. Nel dopoguerra, benché la porta monumentale avrebbe meritato il riassetto, si preferì ridisegnare l’ingresso occidentale della città con le due palazzine in finto travertino facendo il verso allo stile razionalista ormai tramontato. La porta di San Giovanni, così nominata in corrispondenza con la piazza, era stata tamponata nel 1770. Nel 1937, quando si inaugurò la scuola elementare «Guglielmo Marconi» progettata dall’ingegnere Angelo Guazzaroni, per comodità degli alunni e dei maestri si aprì il cosiddetto vicoletto in anni recenti intitolato alla memoria di fra Fedele Brezzi, segretario del vescovo Benigno Luciano Migliorini, antesignano dello scoutismo a Rieti. Quanto alla porta Leporaria, fu dapprima aperta al di là sagrato del convento degli Agostiniani per dare spazio alla stazione ferroviaria, inaugurata nel 1883, successivamente smembrata quaranta anni più tardi per costruire il Palazzo degli Studi.
L’ultima, più grave distruzione si compì negli anni Sessanta del secolo passato demolendo la chiesa del Suffragio ed eliminando i contrafforti di porta d’Arci, sacrificata all’incipiente traffico automobilistico.
Resta in sordina la porta Conca, dal semplice toponimo evocato dalla pianta appena curva delle mura, ai piedi ed in prossimità dell’antica porta Accarana, aperta verso la campagna tra Porrara e Padule. Le Memorie ottocentesche del canonico Carlo Latini descrivevano «il terreno che giace presso le mura della città da Porta d’Arci a Porta Conca e Porta Cintia è tutto irrigabile perciò ubertosissimo». Le muraglie del bastione a pianta ortogonale, dalla texture compatta, risalgono alla metà del XV secolo: una lastra di marmo di Carrara porta l’insegna del cardinale Angelo Capranica, vescovo di Rieti tra il 1450 e il 1464. A quell’epoca risale il solido portone di rovere restaurato nell’ultimo quarto del XX secolo grazie all’intervento del Lions Rieti Host. Le modeste abitazioni a schiera, protette dalle mura, erano state costruite per gli artigiani che lavoravano a pianterreno lungo via Nuova, via San Benedetto, via della Ripresa il cui toponimo ricordava le azioni salienti del palio dell’Assunta. Chi lavorava la terra nelle apriche contrade del Capitolo della Cattedrale già un tempo proprietà dell’abbazia di Sant’Eleuterio ad campum, della chiesa di San Pietro in Campo Reatino, della chiesa di Sant’Andrea extra et prope muros reatinos, delle monache di Sant’Agata, di San Benedetto e di Santa Caterina d’Alessandria al di là delle mura, per lo più abitava in qualche casa d’affitto di proprietà delle confraternite, utilizzando d’estate le capanne di frasche.
All’interno della porta, resta l’ antico sarcofago in pietra sponga utilizzato come vasca di riuso adattata per le svariate esigenze della popolazione del rione, recentemente restaurato.
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