
Fig. 1 – Stampa-antica-SANTA-VITTORIA-ANATOLIA-MARTIRE-RITRATTO-Rosweydus-Cnobbaert-1626
Come da precedente resoconto, il 14 maggio, giorno della sua festa, è stato presentato nella parrocchiale di Monteleone Sabino il libro che raccoglie gli studi del convegno itinerante che si è svolto nel 2018, riguardante la memoria e il culto di Santa Vittoria. Dalla lettura degli atti raccolti nel citato volume, successivamente distribuito, emerge una quantità di informazioni e di approfondimenti degli importanti relatori che portano a considerare il libro fondamentale per chi intende sotto i vari profili dedicare attenzione alla Santa che tanto ha caratterizzato con il suo culto la nostra storia con il monachesimo benedettino farfense. S. Vittoria, con la conterranea “germana soror” Anatolia, pure martire, insieme nel mosaico ravennate di S. Apollinare del VI secolo, risaltano nella storia come le più diffuse e ancor oggi celebrate Sante Sabine, ricordate come tali dal calendarium proprium della Diocesi di Rieti – verrebbe da ricordare che anche S. Benedetto era sabino, essendo nato a Norcia, ritenuta capitale dei Sabini sotto il mitico re Sabo, ma nel tempo la sua fama e la sua opera varcarono i confini territoriali per assurgere a Santo universale (Patrono d’Europa) – e furono poi in particolare i Benedettini di Farfa a diffondere il culto di S. Vittoria quando, per sfuggire ai Saraceni che assediavano l’Abbazia, si insediarono sul colle Matenano nelle Marche e per secoli governarono in autonomia un vasto territorio detto Presidiato farfense tra Macerata e Ascoli. E dettero il nome di S. Vittoria al paese sorto intorno al monastero, avendo traslato le reliquie della Santa provenienti da Farfa (anno 924).

Fig. 2 – Ravenna,_S.Apollinare_nuovo,_SS._Anatolia_&_Vittoria
Quanto alle reliquie, va segnalato il contributo di Tommaso Caliò “Il corpo diffuso di Santa Vittoria. Culto delle reliquie e ricerca erudita in età contemporanea”. E viene in evidenza il confronto tra il reliquiario di Bagnoregio, che conterrebbe parte del corpo della Santa Patrona della città dai tempi antichi (già nell’873 era Patrona) e quello conservato a S. Vittoria in Matenano: complementare e non alternativo…Nella memoria locale l’autore fa cenno alla fonte scaturita in occasione della traslazione per mezzo della quale madri con carenza di latte ne acquisivano in quantità; si aggiunge che con l’affermarsi del latte artificiale terminarono i pellegrinaggi, le implicazioni di tale avvenimento in via generale riverberano sugli studi agiografici, cultuali e storici cui rimandiamo. Sulla specifica vicenda che riguarda le accennate problematiche circa l’autenticità e la possibile ricomposizione delle parti del corpo della Santa ancora indagava in tempi recenti anche il cardinale Schuster (Abbate a Farfa) con Agostino Gemelli. Vasta è la letteratura sulle reliquie e del perché della loro diffusione nel tempo: per sostituire culti pagani, santi orientali con quelli locali, potere d’influenza, solo per dare un elenco sommario. Ma di certo anche in tempo recente l’assegnazione di reliquie ha costituito occasione rilevante sia per la devozione che per motivi civili.
Recenti sono le disposizioni della Chiesa che raccomandano di corredarle con certificati di provenienza, e del presentarsi di false reliquie, con vicende connesse, è piena la storia. Sempre dal Caliò riportiamo il compiacimento di un dotto del paese (Lupinetti nel 1994) di Castilenti, Teramo, per la scelta come Celeste Patrona,
“preferendo una insigne RELIQUIA autentica proveniente dal suo celebre Monastero di Farfa a qualche corpo riesumato dalle Catacombe di problematica storicità e santità”.
Viene in mente il mirabile scritto di Benedetto Croce su Santa Filomena (è esistita?) nella collana di scritti di Storia Letteraria e Politica 1949, in cui analizza il culto della Santa promosso da un sacerdote di Nola con l’acquisizione di reliquie nelle Catacombe di S. Priscilla a Roma, emerse da scavi nel maggio 1802. Va segnalato che il prof. Tommaso Caliò è il presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio della Santità dei Culti e dell’Agiografia, che ha sede in Rieti presso la Biblioteca Paroniana, qualificato riferimento internazionale della materia. Pregiato il contributo della prof.ssa Sofia Boesch Gajano, fondatrice del Centro Europeo di Studi Agiografici in Rieti, che ha dato il perimetro di analisi delle reliquie “oggetto di devozione, oggetto di storia” con riflessioni sul tema del “Culto dei santi nei suoi rapporti con la storia dei territori che ne conservano la memoria”. Tanto si può aggiungere rimanendo ovviamente in superficie, ma per concludere questa nota un aspetto è da sottolineare , come conclude in fine libro Dom Eugenio Gargiulo O.S.B. priore di Farfa,
“il convegno e la pubblicazione degli atti costituiscono il raggiungimento, sul piano scientifico, di un primo obiettivo e aggiunge, appare anche necessario ampliare la rete delle comunità – e sono tante in tutto il territorio nazionale – in cui la Santa è venerata – concentrandosi pure sugli aspetti socio-religiosi, non escluso quello devozionale”.
E non dimentichiamo la “germana soror” Anatolia, che pure ha avuto importante storia diffusiva e conta numerosi devoti, come si potrà confermare nei festeggiamenti turanensi di luglio che culminano con la solenne processione che si specchia sul lago del Turano.
Ringrazio Massimiliano Antignano per il contributo di report e fotografie.

Fig. 3 – Scampanata processionale suonata a mano
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