Nei giorni scorsi Repubblica ha ricordato il cinquantesimo anniversario di uno straordinario evento televisivo, con un articolo di Luigi Bolognini, dal titolo Mina e Lucio Battisti, 50 anni fa la perfezione in quell’unico duetto in tv.
Il testo è articolato sul ricordo di due musicisti che parteciparono alla esibizione, Gianni Dall’Aglio e Massimo Luca – nel varietà RAI ‘Teatro 10’, la sera del 23 aprile 1972. In quella occasione lo straordinario interprete di Poggio Bustone scrisse una pagina indimenticabile della televisione italiana, dapprima cantando da solo – poi unendosi alla eccezionale voce di Mina.
Andò così in scena un medley dal vivo suscitante già subito l’emozione e l’entusiasmo del pubblico in studio, e degli orchestrali impegnati in concerto; ed entrando nella leggenda dello spettacolo: leggenda alimentata poi dalla scelta di entrambi i protagonisti, di lì a poco, “di abbandonare le scene e pubblicare solo dischi”.
Questo anniversario – dell’unico duetto che vide assieme Mina e Battisti, costituisce una prima occasione per noi, per celebrare su queste pagine la voce più nota e affascinante della nostra terra: interpretante (anche quella sera del 1972) parole e musiche scritte con Mogol, suscitante emozioni vive ancora oggi – sulle note fra le più belle di un intero secolo di canzone italiana.
Non soltanto un anniversario di musica: con Lucio Battisti ri-accendiamo la televisione alla sera del 23 aprile 1972 – con Battisti rivediamo la RAI in bianco-nero di mezzo secolo fa; percorriamo un impressionante salto nello spettacolo, nel costume, nell’evoluzione stessa del Paese.
Guardiamo nello specchio televisivo la nostra storia collettiva – accompagnati dalla voce di Battisti, che ne rappresenta un’espressione irrinunciabile.
Ci ricorda Repubblica che “Teatro 10, varietà Rai del sabato sera [fu] spostato alla domenica per permettere ai bambini di poter vedere lo sceneggiato Pinocchio di Luigi Comencini”: un evento televisivo che a sua volta ha segnato la nostra infanzia – la più struggente insuperata interpretazione della fiaba di Collodi, nei volti indimenticabili di Manfredi, Lollobrigida, Franco e Ciccio …
“… Mina ebbe quindi l’idea di chiedere a Battisti di interpretare assieme alcune delle canzoni scritte con Mogol. Il cantante, che odiava le esibizioni dal vivo (in carriera avrà fatto una ventina di concerti, non oltre) e ancor di più andare in televisione, alla fine accettò. Doveva pur promuovere la sua nuova canzone, I giardini di marzo (immaginarsi la scena: uno va in tv e presenta un inedito, ed è I giardini di marzo. E prima di lui Salvatore Accardo aveva suonato Paganini con uno Stradivari. In un varietà Rai di prima serata …)”.
Dopo una prima parte con Battisti “da solo e in playback”, “si fece raggiungere da Mina per 8 minuti e 20 secondi di medley: Insieme, Mi ritorni in mente, Il tempo di morire, E penso a te, Io e te da soli, Eppur mi sono scordato di te, Emozioni“.
Questa era la RAI – questa era (almeno in parte) la colonna sonora che accompagnava quel tempo della storia e della vita nazionale.
Battisti vi prestava anima e voce – attraverso una musicalità così potentemente e dolcemente contemporanea, al tempo così “moderna” e capace di intonare al presente e al futuro passioni e sensazioni.
“il duetto era registrato, come tutto Teatro 10, e senza prove. “Incredibile davvero – racconta Dall’Aglio – ma noi eravamo partiti la sera prima da Milano in treno, Lucio ci portò la lista delle canzoni, ci disse di occuparci delle tonalità, e noi suonammo in cuccetta. Io con le bacchette su un cuscino, Massimo con la chitarra, ma piano, per non disturbare gli altri. E anche a Roma facemmo una mezza prova, non di più, il resto del tempo lo passammo a mangiare fantastici tramezzini in camerino”.
“… Al momento di registrare si scoprì che doveva per forza essere buona la prima, non si poteva ripetere neanche un solo pezzo perché erano tutti concatenati e non c’era tempo. Un po’ di tensione c’era, ma soprattutto in Battisti, mai a proprio agio davanti alle telecamere. Poi però partì la musica e scattò la magia…”.
Grazie a Repubblica e alla sua memoria: siamo ancora e di nuovo spettatori affascinati da questo spettacolo vecchio e nuovissimo. E attraverso Battisti, ne siamo anche un pò protagonisti.
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