Fig 1- Rigatti palazzo Caprioli già Mareri
Oggi Rigatti è un quieto suggestivo Borgo, per la maggior parte dell’anno disabitato, salvo rianimarsi nel periodo estivo con numerosi ritorni di famiglie locali, che pure non fanno mancare la loro devota presenza per la celebrazione del Santo Patrono S. Urbano Papa e martire. Particolare significato ebbe la celebrazione avvenuta il 25 maggio 2018, con il ricordo di uno dei più illustri rigattesi, il Vescovo Paolo de Sanctis, nato a Rigatti nel 1816, “grande pastore e storico ricordato sempre con affetto dai suoi concittadini” bene illustrato in quell’occasione con la presentazione del volume “Monsignor Paolo de Sanctis (1816-1907) testimone del tempo“, della nota storica sabina Ileana Tozzi, come ricordato su Frontiera 1/6/2018. Del Vescovo si è trattato precedentemente nel ricordare le vicende del suo rettorato quarantennale del celebre Seminario di Rieti, il primo dopo il Concilio di Trento. Torneremo a ricordarlo anche in questa sede per particolari circostanze poi esposte. La storia del Castello ha conosciuto la signoria di importanti famiglie e vicende talvolta turbolente. E all’epoca dei fatti che andiamo a narrare, 1615, Rigatti, oggi frazione di Varco Sabino, era in territorio di confine tra lo Stato Pontificio e l’Abruzzo Ultra e apparteneva ai nobili Mareri (v. nel sito Famiglie nobili del reatino). La storia rivelata si deve alle attente ricerche di Claudio De Leoni che, appassionato di storia locale e in particolare della sua Carsoli, è venuto a conoscenza di un manoscritto facente parte di copiosa documentazione comprovante la nobiltà della famiglia dei De Leoni custodita presso la Biblioteca Angelica di Roma. Il manoscritto citato è stato pubblicato, nel dicembre 2010, sulla pregevole rivista “Il foglio di lumen” dell’omonima Associazione Culturale che ha sede a Carsoli di cui De Leoni è autorevole redattore e autore di interessanti studi di storia locale con approfondimenti araldici (gli stemmi De Leoni sono tratti dalla sua pubblicazione sulla Casata De Leoni,lumen n.53, giugno 2012).

Fig 2- Stemmi del Vescovo Paolo De Sanctis et Mareri et De Leoni Cultura e Territorio
Il titolo “Espugnate il castello di Rigatti, è un covo di banditi provati” introduce il racconto, basato su fatti documentati, riguardanti un preciso ordine del viceré di Napoli, a seguito del crescente fenomeno del banditismo nei territori di confine, di “espugnare il castello di Rigatti, e di fare prigionieri non meno li Sig. Lelio, e Francesco Materi (per Mareri) padroni di detto castello che molti altri Banditi dimoranti sotto la protezione di detti Padroni”. Latore della Corte di Napoli un Giudice Regio, tal Mastrillo, destinatari i fratelli Giovanni e Ascanio De Leoni. Qui risalta l’alta posizione dei De Leoni di antica e nobile famiglia romana che si era trasferita a Carsoli anche per evitare le turbolenze romane con “l’onore della Real protezione” per le importanti regie cariche onorevolmente svolte. Vani furono i tentativi di sottrarsi alla grave insidiosa incombenza, tanto più che era nota la protezione del Barone di Tagliacozzo di cui godevano apertamente gli anzidetti Mareri. Rassegnati, i fratelli De Leoni assentirono e Giovanni si recò prontamente a Roma, ove con l’assistenza degli alti referenti regi in loco, “fece fabbricare alcune macchine da guerra” e radunati consistenti armati “gli riuscì di espugnare il suddetto castello, a far prigionieri non meno gli anzidetti fratelli Mareri, utili padroni di detto castello, che tutti i fuoriusciti del Regno ivi rifugiati”. Non poteva non seguire la prevista reazione del Barone di Tagliacozzo, ma chi era costui di cui non compare mai il nome? Dalle date (1615 e sgg) a Tagliacozzo compare Federico Colonna con il titolo di duca, ma nel documento è indicato come Barone che è il titolo più prestigioso e corrente nel Regno; dalle gesta e dagli incarichi di costui si può immaginare quanto fondati fossero i timori dei De Leoni. Se si considera che la moglie, citata nel documento, era Margherita d’Austria, anche se non la figlia, ma una pronipote di Carlo V, le nubi all’orizzonte si incupiscono ancor più e, per farla breve, il Barone attaccò il patrimonio dei De Leoni, confiscandone i beni. Giovanni poi fu “proditoriamente a schiena dietro fatto uccidere dalli sicari del più volte citato Barone di Tagliacozzo”. Il fratello Ascanio, impegnato vanamente a Napoli al recupero dei beni confiscati, pur con sentenze favorevoli, ivi morì lasciando tre figli, di cui uno solo restò in vita, Giovanni Gregorio, “avo delli viventi discendenti”. Claudio De Leoni racconta con penna serena le vicende che così definitivamente segnarono la propria famiglia, anzi alla fine dell’articolo conclude con “note sul castello di Rigatti “ in cui relaziona di una visita nell’agosto del 2010 al borgo castellano, descrivendone con competenza l’architettura dell’attuale struttura “nel contesto del suo insediamento montano, dominante la profonda e bellissima valle del lago del Salto”, ma dal di fuori perché “al momento di andare in stampa, non è stato possibile entrare in contatto con la proprietà del castello”. Per completezza, comunque, il castello da secoli non è più dei Mareri. Si è accennato al Vescovo De Sanctis. In breve, aggiungiamo che nell’albero genealogico della famiglia De Leoni compare Santa Francesca romana (1380-1440), la Ceccolella cara ai romani e patrona di Roma, la cui commemorazione ricorre il 9 marzo, unico giorno in cui è visitabile il suo monastero delle Oblate al Teatro Marcello con gli splendidi affreschi attribuiti a Antoniazzo da Romano/Benozzo Gozzoli. Il vescovo De Sanctis nell’ ultimo periodo della sua vita, divenuto Vicario Lateranense, si occupò di reliquie e probabilmente, grazie alla sua consuetudine con il cardinale Lucido Maria Parocchi, che fu Prefetto della Congregazione delle Indulgenze e Sacre Reliquie, compose due reliquiari, donati recentemente dall’erede alla Cattedrale di Poggio Mirteto, dove aveva raccolto le reliquie di santi di riferimento francescano. Altra reliquia “ex ossibus” di S. Francesca Romana pure pervenuta in successione è stata donata con atto del 5/7/2019 al discendente Claudio De Leoni che contestualmente lo ha donato alla figlia Sabrina, devota dell’Ava. Non certo un ristoro, ma perché così è a casa.
Fig 3- Tomba con stemma di S. Francesca Romana
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