
Trattando del Ver Sacrum, da cui si tramanda che originò Ascoli, si disse che fu guida ai Sabini Sacrani il Picchio da cui derivò il nome di Piceni (v. ante “I Sabini, i Piceni e le Marche custodi della memoria”, parte 3). Con un salto temporale ai giorni nostri, è poi stato fatto cenno alla legge della Regione Marche del 15/3/1980 con la quale si è stabilito che lo stemma della Regione è costituito, per l’antica memoria, dal disegno stilizzato di un picchio. Si è anche ricordata l’importante iniziativa della mostra identitaria “I Piceni e il popolo d’Europa” che nel 1999, insieme alla Regione Abruzzo e a Istituzione di Francoforte, metteva a confronto nei tracciati commerciali del tempo il Guerriero di Capestrano con il Guerriero di Irschlanden, suo “parente minore”, come lo ha definito il curatore storico di Francoforte; con riserva di tornare sul guerriero di Capestrano, ritenuto da alcuni principe dell’intera Confederazione Sabina (D’Ercole, “Archeologia in Abruzzo”, 1998). Un’occasione per riprendere l’argomento si è recentemente e con rilievo presentata, secondo quanto si legge sul portale Consiglio regionale dell’Abruzzo: “Il Consiglio regionale dell’Abruzzo, nella seduta assembleare del 5 luglio scorso, ha approvato all’unanimità la legge che istituisce il nuovo stemma e gonfalone della Regione. La principale novità è l’inserimento dell’effige del Guerriero di Capestrano”. Sotto la figura il motto “GENTIUM VEL FORTISSIMARUM ITALIAE”. Il più celebre guerriero italico – ha sottolineato il Presidente del Consiglio regionale Sospiri – icona simbolo dell’Abruzzo e della sua identità. Il guerriero fu rinvenuto in un terreno nel 1934 e dal 1959 è esposto nel Museo Archeologico di Chieti in un ambiente appositamente ideato dallo scultore Pistoletto, che ha studiato in profondità la suggestione generata dalla figura, ritenendo consono inserirla in una dimensione atemporale che prescinde dallo spazio. Quanto alla sabinità del Guerriero e al contesto relativo, nella copiosissima e non sempre univoca produzione storico archeologica, si ritiene far riferimento all’accurato Quaderno del Polo Museale D’Abruzzo “Il Museo Archeologico Nazionale D’Abruzzo Villa Frigerj a Chieti” di Lucia Arbace e Valentina Belfiore, che inizia con un capitolo sui Sabini adriatici, ma in particolare merita riferimento il capitolo sulla scrittura. Oltre all’iscrizione sulla statua del Guerriero, nominato Nevio Pompuledio, che si erigeva in cima al suo tumulo sepolcrale della necropoli vicino Capestrano, sono significative le tre steli da Penna Sant’Andrea, “eccezionale testimonianza dell’origine Sabina di queste popolazioni” tra cui secondo la traduzione corrente: “Questo i Sabini eressero qui…il dono della comunità dei Sabini a Tito … per il quale questo è il luogo di celebrazione”. La rivista National Geographic fece notare come il nome Nevio Pompuledio richiamasse quello di Numa Pompilio, notoriamente sabino, e che potrebbe trattarsi della stessa persona. Anche Adriano La Regina ha trovato dati di comunanza quanto a epoca ed anche alle iniziali. Ma non si vuole né si può addentrarsi in questi temi, su cui comunque non cessa l’attenzione degli studiosi e dei cultori. Quel che sembra di porre in evidenza è il persistere del sentimento identitario che ha ridato al Guerriero il suo ruolo, in vessillo, di rappresentare la storia mai dimenticata dei popoli di così vasto territorio. Per completezza, concludiamo ricordando che, oltre al Picchio Piceno della Regione Marche e al neo comparso Guerriero di Capestrano nella bandiera dell’Abruzzo, anche la Regione Lazio ha tenuto conto della storia del suo territorio, adottando un emblema ottagonale per ricordare la ruota, primo centro motore dell’uomo, con i cinque stemmi delle province sistemati come suoi raggi, con al centro lo stemma della provincia di Roma. Lo stemma della provincia di Rieti è costituito da uno scudo sannitico di color rosso, con una banda dello stesso colore riportante la sigla S.P.Q.S. (Senatus Populusque Sabinus).


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